C’è in questo blog un articolo di diverse settimane orsono nel quale è in vendita una zuccheriera identica a questa per forma, dimensioni e stile decorativo. Non è un caso eccezionale: sono molto affezionato a questo tipo di zuccheriera e lo stile Raffaellesco è sempre il primo da me dipinto su qualsiasi pezzo.
Con la presente vendita, oltre a poter offrire un assortimento di pezzi dipinti in serie (questo sì, invece, è un caso raro nella mia bottega) mostro quale effetto si ottiene andando a decorare in sottocristallina: le immagini di foto e video sono già molto esplicite, si dovrebbe però aggiungere il tatto per comprendere in pieno cosa sia una pittura sottocristallina. Il concetto è incredibilmente semplice: si tratta di dipingere oggetti creati con la terra bianca senza passare per la smaltatura, ossia direttamente sul biscotto. Seppure l’idea è facilissima da comprendere, all’atto pratico cambia praticamente tutto durante la pittura, anche se non è questa la sede per parlare approfonditamente. Una volta ultimata la fase della decorazione abbiamo un oggetto di terracotta su cui si è dipinto con i normali smalti che deve essere immerso in una soluzione di acqua e cristallina pura molto densa.
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L’operazione non mette a rischio il lavoro di decorazione, perché gli smalti sono penetrati in profondità nelle porosità della terracotta; la cristallina, una volta che l’oggetto si è asciugato, per lo più assorbendo l’acqua, diventa una patina opaca che nasconde momentaneamente i colori e raggiunge ogni angolo dell’oggetto, anche il più difficile.
Durante la fusione nella fornace la cristallina vetrifica, così l’oggetto diventa, come sempre, completamente avvolto da uno strato vitreo che conferisce tutte le qualità estetiche e fisiche alla ceramica, ma data l’assenza della smaltatura bianca, l’oggetto è più sottile nei suoi spessori, come sempre i colori sono più brillanti ma, soprattutto, c’è quella particolare lucentezza conferita dalle micro-irregolarità delle superfici, quasi perfettamente lisce al tatto, che possono essere viste nel video ma ancora meglio dal vivo.
Per le tazzine da caffè ho a disposizione diverse soluzioni, una di queste è la forma a tamburello della tazzina, che se non fosse per il manico troppo grande, sarebbe un bicchiere in miniatura.
La decorazione è lo stile Raffaellesco nel suo aspetto fisso e definito con bordatura gialla e verde, ma invito a guardare il video per apprezzare meglio il gioco che si crea con la forma che ho dato alla grottesca nel piattino: con la tazzina al centro la figura gira quasi completamene intorno alla tazzina, proprio perché tanto il corpo quanto la cosa allunga si snodano in linee serpentine fino a potersi chiudere in un circolo, ma ho fermato l’evoluzione ponendo, come da regola, la ghirlanda del festone.
Questa soluzione per occupare circolarmente un oggetto sul suo bordo esterno lo ripeterò su altri pezzi anche di maggiori dimensioni.
Dallo stesso laboratorio che ha creato la tazza da tè dell’articolo precedente, ho preso anche diverse tazzine da caffè foggiate con la stessa forma.
La decorazione in stile Arabesco, usando solo la fantasia dei fogliami, dà agli oggetti una particolare modernità, che cerco di promuovere effettuando una piccola offerta sulle spedizioni scontate.
Entrambe le tazzine sono in vendita a 42.00 euro, spedizione inclusa
Questa zuccheriera con il Raffaellesco di una certa grandezza ha una storia, ed è stata infine apportatrice di risultati importanti. Un giorno si presentò nella mia bottega una signorina con una foto nel telefono; mi disse: «Abbiamo un vecchio servizio da caffè delle maioliche di Deruta da dividere in due, ed essendo la zuccheriera una sola, ne vorrei una nuova».
Mi lasciò la foto come esempio per trovare un oggetto dalla forma simile su cui eseguire una dettagliatissima decorazione. Quella che metto in vendita qui, e si vede in foto e in video, è la seconda zuccheriera retrò che ho dipinto seguendo delle «indicazioni dal passato» (la prima, di più piccole dimensioni, fu gradita alla cliente).
Non è stato semplice trovare zuccheriere simili a quella che mi fu mostrata: tonda e panciuta, con due manici a doppia ansa (che rispettivamente somigliano a una S e a un 2) con il coperchio cupolare dotato di un pomello e anche di un intaglio sul bordo per appoggiare un cucchiaino. A essere sincero, non sono riuscito a trovare il coperchio già intagliato e ho dovuto operare con un frullino, che non ha portato a un risultato perfetto, in quanto avrei sicuramente rotto l’oggetto se avessi insistito.
Poi è venuto il momento della decorazione, nella quale piuttosto che le due grottesche sulle pance dell’oggetto, che tutto sommato nell’originale rappresentavano il mio solito livello d’esecuzione del Raffaellesco – con l’unica differenza nei riccetti di riempimento, per i quali sono più abitato a dargli una forma più arrotolata di quelli visibili – il confronto vero tra un artista decoratore moderno e quelli del passato si è consumato sulle ornamentazioni accessorie.
Mi sono confrontato con una pratica di decorazione che aveva un diverso concetto del tempo rispetto a oggi: una maggiore attenzione, grande cura, la chiara volontà di dedicare all’oggetto il tempo necessario e di esprimersi al meglio nel virtuosismo tecnico dell’oggetto che ruota sul tornio.
Il coperchio contava dodici filettature tra quelle in nero e quelle colorate: le filettature nere erano sempre doppie, di modo che si creasse un gioco di un giro bianco e un altro colorato. In particolare va messa in evidenza la filettatura giallo-arancio con i “nervetti” che corrono lungo tutto il bordo, che richiama lo stesso lavoro di “nervatura” che viene fatto in arancio sopra le parti gialle della grottesca principale: si tratta di un elemento di decorazione principale e fisso per i bordi dello stile Raffaellesco, dal quale dipendono tutti i possibili altri – in questo caso l’accostamento del verde ramina al filetto arancio e, poiché il coperchio è abbastanza ampio, l’aggiunta del secondo caratteristico bordo del Raffaellesco: il blu sfumato; questo infine riempito da un gioco di archi centripeti (che si chiudono guardando verso l’esterno) con elementi geometrici di rifinitura e completamento.
Anche il corpo della zuccheriera conta dodici filettature; sono incerto sull’affermare o meno che un rapporto pari sia stata una regola fissa del tempo, anche perché ne mancherebbe una tredicesima altrimenti presente quasi sempre. Si tratta ancora della filettatura blu sfumata o blu chiaro che solitamente si trova all’interno della zona in cui viene dipinta la grottesca, sotto il filetto sottile in nero. Tuttavia questo schema di filettature ha anche una funzione essenziale: organizza lo spazio per l’esecuzione della grottesca che deve avere delle proporzioni fisse. Nel caso di una zuccheriera (come in quelli di un vaso, di una lampada o di una caraffa) l’artista-decoratore deve ignorare il fatto che l’oggetto si rotondeggiante, o meglio, in qualche modo cilindrico; egli in realtà deve lavorare sulla superficie laterale proiettata ortogonalmente, ossia deve considerare lo spazio a sua disposizione “aperto” o “srotolato”, come quando si proietta la superficie del lato lungo di un solido in un disegno tecnico.
Così facendo può calcolare e dipingere le forme e la dimensione di una grottesca all’interno di una fascia dall’altezza inferiore a quella totale dell’oggetto. Lo schema delle filettature, eseguito prima della contornazione della grottesca, serve a delimitare con precisione e simmetria i confini entro i quali si dipinge; se viene meno quest’accorgimento, spesso volte accade che i limiti esterni della figura possono strabordare verso l’alto e verso il basso seguendo la curvatura dell’oggetto, portando infine a un risultato deforme e disuguale.
L’ultimo tocco del passato è destinato ai manici, tassativamente bicromatici per il Raffaellesco (verde ramina internamente e giallo esternamente) con il giallo dotato dei “nervetti” all’esterno. Questo pezzo eseguito sulla base delle disposizioni dei maestri del passato è in vendita a 65.00 euro, spedizione in iIalia compresa.
Tra i miei ritrovamenti di maioliche derutesi create ormai molti anni fa, c’è una tazzina da caffè stile Ricco Deruta a cui mancava il proprio piattino abbinato. Ho tentato di seguire il più possibile la mano anonima autrice dell’originale per dare all’oggetto un degno piedistallo, anche se ero consapevole in partenza dell’impossibilità i raggiungere toni e colori di un tempo.
Il bianco-crema della tazzina oggi può essere ottenuto soltanto con una corposa aggiunta di stagno allo smalto di base, e per il resto, tutti i giochi dei colori sono decisi dalla fusione piombica che si usava una volta: vedi in particolare la preziosa gradazione del verde ramina sul piede della tazzina e sul suo manico che appare piuttosto un’acquamarina.
Il resto della decorazione appare impeccabile nell’armonia e nella simmetria del disegno di base del Ricco Deruta. A voler essere pignoli si può lamentare l’ornamentazione dei riccetti di riempimento non particolarmente arrotondati o infine, ma non è stata colpa di chi ha dipinto, un paio di segni di “scolatura” dei bordi, sicuramente avvenuti durante il secondo fuoco; ma questi non pregiudica affatto il valore dell’oggetto per i collezionisti. Prezzo, tazzina più piattino più spedizione in Italia: 45.00€
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Splendida coppia di tazzine in stile Raffaellesco della metà del secolo scorso. Riassumendo il discorso del video: sono di dimensioni superiori alla norma attuale, frutto della foggiatura a mano; i colori degli smalti mettono in evidenza il periodo da cui provengono; la decorazione è preziosa e ricercata.
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